Non capita spesso, durante la
vita, di doversi soffermare a riflettere su
argomenti così particolari e profondi come
quello dell’infinità dell’Universo; esso esula
un po’ da quelli che sono i pensieri della
routine quotidiana.
Ma quando ciò accade, vuoi perché qualche format
televisivo ce lo rievoca o, perché magari in una
limpida notte ci si trova a meditare la bellezza
del firmamento, come capita a noi astrofili,
allora si viene pervasi immediatamente da un
infinità di domande alle quali la nostra mente,
nella maggior parte dei casi, tenta di
rispondere mediando tra conoscenze scientifiche,
pensiero filosofico e fede religiosa.
Ora non vuole essere questa la sede per un
dibattito su una questione così grande,
tutt’altro, ognuno di noi è libero di credere
ciò che meglio preferisce.
L’intenzione è solo quella di valutare,
esclusivamente da un punto di vista scientifico,
quale sia il quadro della situazione alla luce
delle ultime scoperte fatte dal settore di
ricerca in questo ambito.
Siccome
la quantità di informazioni che si hanno a
disposizione è oggigiorno notevole, un suo
chiaro approfondimento richiede inevitabilmente
una discussione a più puntate; non me ne
vogliano i lettori.
Possiamo subito iniziare introducendo quello che
in passato la scienza interpretava come
definizione generica di Universo “tutto ciò di
cui potremo avere conoscenza, l’intera regione
dello spazio e del tempo accessibile ai nostri
strumenti, ora e in futuro”.
Negli anni questa definizione venne poi
rivisitata, esattamente con l’avvento della
teoria inflazionaria, (che in seguito
affronteremo), il termine “Universo” assunse un
duplice significato: per qualcuno esso rimaneva
confinato all’Universo osservabile, per altri
invece identificava la totalità dello spazio e
del tempo. Noi astrofili, che preferiamo
appellarci sempre ai testi scientifici, faremo
la seguente distinzione: con il termine Universo
designeremo la nostra bolla spazio-tempo in
espansione, contenente tutta la materia visibile
ai nostri strumenti; mentre con l’introduzione
del termine “Cosmo”(Kosmos dall’antica Grecia)
definiremo la totalità dello spazio e del tempo,
all’interno del quale (se la teoria
dell’inflazione è corretta) potranno esistere
innumerevoli bolle spazio-tempo in espansione,
ossia infiniti Universi, con i quali, però, non
potremo mai comunicare.
La cosmologia è una scienza che ha origini
antiche, furono proprio i greci ad introdurre
questo termine, con essa si proponevano di
studiare l’interezza dell’esistenza.
Oggi sostanzialmente le cose non sono cambiate,
il fine rimane sempre lo stesso: descrivere
l’Universo nel suo insieme, dall’origine alla
sua evoluzione.
E’ un cosmo, naturalmente, visto in maniera
diversa rispetto a quello dell’antichità, in cui
la moderna cosmologia fonda le sue basi su due
importanti concetti: il metodo scientifico e la
validità del principio cosmologico.
Con il metodo scientifico si vuole individuare
un criterio su come affrontare lo studio; la
formulazione di nuove teorie dovrà essere
costruita su elementi concreti, ossia tenendo
conto dell’analisi dei dati sperimentali
provenienti dalla ricerca.
Il principio cosmologico è una teoria alla quale
si è giunti attraverso un percorso storico ben
preciso in cui si sono avvicendate scoperte e
intuizioni da parte di diversi scienziati del
passato. Einstein nel 1915 applicando le
equazioni matematiche della Teoria della
Relatività Generale per descrivere il
comportamento dello spazio-tempo a larga scala,
diede proprio il primo impulso in questa
direzione. Successivamente altri scienziati,
come Friedmann e Hubble fornirono un contributo
importante: il primo, sui passi del lavoro di
Einstein, propose un modello matematico che
prevedeva un Universo in espansione, il secondo,
mediante l’osservazione diretta dimostrò poi la
validità di questo modello.
Ora per poter comprendere quello
che Hubble aveva scoperto diviene necessario
aprire una piccola parentesi che possa aiutare
il lettore meno esperto ad affrontare
l’argomento con chiarezza. Si è parlato di
Universo ma non si è detto di che cosa esso sia
costituito, o meglio, per ciò che sappiamo la
nostra stella, il Sole, con i suoi pianeti e gli
altri corpi (asteroidi, comete, etc.etc.) ne
fanno parte; ma andando oltre cosa altro c’è?
Ebbene per farla breve allontanandoci dal nostro
Sole troveremo una quantità sempre maggiore di
stelle e di altri oggetti fino a raggiungere i
confini di questo immenso “contenitore” chiamato
galassia (Via Lattea). Un’isola di materia che,
per dare un senso delle proporzioni, può
contenere mediamente circa 100 miliardi di
stelle e con dimensioni dell’ordine di 100.000
anni luce di diametro (significa che per
attraversare tutta la Via lattea da un estremo
all’altro, alla strepitosa velocità della luce,
impiegheremmo circa 100.000 anni!).
Proseguendo oltre per incontrare
un’altra galassia simile alla nostra (galassia
di Andromeda), viaggiando sempre alla velocità
della luce, dovremmo attendere circa 2.3 milioni
di anni! Come potete capire gli spazi in gioco
sono veramente notevoli, ma questo è niente a
confronto dell’immensità dell’Universo. Le varie
galassie, che possono avere forme e grandezze
diverse (a disco con bracci a spirale,
ellittiche e irregolari), si raggruppano in
ammassi tenuti assieme dalla forza
gravitazionale che ne governa i moti.
Continuando, come in una scatola cinese, gli
ammassi a loro volta si possono legare con altri
e costituire i superammassi. Dalla combinazione
degli superammassi si costruisce quella che
viene definita la struttura a grande scala
dell’Universo, dove la materia si distribuisce
in fogli e filamenti sottili racchiudendo
immensi spazi vuoti, e questa è per sommi capi
una descrizione di quello che i moderni
strumenti sono riusciti a vedere. Tornando ora
al nostro Hubble, egli studiando proprio alcune
galassie, servendosi di uno strumento chiamato
spettrografo applicato al telescopio, riuscì a
registrare un importante informazione: la prova
che tutti quei sistemi da lui presi in esame
avevano un moto di allontanamento con una
velocità proporzionale alla loro distanza da
noi, confermando così le teorie di Friedmann ed
Einstein.
Per comprendere meglio questo
processo di espansione possiamo ricorrere ad un
esempio pratico e di facile intuizione.
Immaginiamo di poter assistere alla lievitazione
di un panettone appena impastato e messo nel
forno. Osservando nel tempo, con il calore che
fa il suo lavoro, vedremo che il panettone
inizierà a gonfiarsi; al suo interno i canditi,
che prima si trovavano ad una certa distanza,
ora incominceranno ad allontanarsi sempre più
l’uno dall’altro, questo, per analogia, è un po’
ciò che accade nell’Universo con le galassie. Le
conseguenze di un tale processo si possono
esprimere con due concetti fondamentali.
L’universo si presenta uguale ed uniforme da
qualsiasi regione del suo interno lo si osservi;
non esiste nessun luogo privilegiato, anche se
le galassie sembrano recedere da noi in tutte le
direzioni non significa che la Terra si trovi al
suo centro. L’altro aspetto importante è che se
l’Universo si trova in una fase di espansione
allora, procedendo a ritroso nel tempo, si dovrà
arrivare ad un istante in cui tutta la sua
materia era condensata in unico punto
(singolarità) poi, per una sorta di esplosione
si è avviato quel processo di dilatazione dello
spazio- tempo che oggi constatiamo.
Da questa considerazione ha
origine la teoria del Big Bang. Hubble riuscì a
calcolare questo tempo che, in approssimazione,
risultò essere di 14 miliardi di anni: l’età
dell’Universo! Questi due concetti rappresentano
i pilastri del “Principio cosmologico”.
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